A volte sembra che la vita di tutti debba andare esattamente così come siamo abituati a pensarla e ad immaginarla. È una sorta di auto-convincimento, come se questo ci tenesse al riparo dall’inaspettato, come se mantenesse esattamente il giusto ordine delle cose.
Ed è così che da un certo punto in poi, si comincia a dare per scontato che una coppia dovrebbe avere un figlio. E scatta la fatidica domanda:
“Ma voi allora? Un figlio niente?”
Questa è in assoluto la prima e più importante domanda da NON fare a chi non ha figli. Perché potrebbe non desiderarli, e quindi essere stanco di dover continuamente dare una spiegazione per una scelta tanto personale e intima e, ancora di più, potrebbe essere stanco di sentirsi “strano”, “assurdo” o “insensato” per questa scelta. Ma potrebbe anche non riuscire ad averne, cercarli da tanto, averne persi, essersi sottoposto a cure pesanti ed invasive, ed essere ancora e comunque in attesa. E in questo caso questa domanda oltre che fastidiosa potrebbe essere anche molto dolorosa.
E se già si sa che la persona di fronte a noi nutre il desiderio di avere un bambino, ma per qualche motivo non riesce ad averne, ci sono altre cose che sarebbe meglio evitare di dirle:
- Non ditele di rilassarsi, o di non pensarci. Pretendere che una persona possa non pensare a qualcosa che per lei è così importante è assurdo, oltre ad essere una richiesta che mette l’altro in difficoltà: se si presuppone che basti rilassarsi per rimanere incinte e una donna non riesce a rimanere incinta, pare quasi sia solo colpa sua. Il rilassamento, invece, non cura l’infertilità.
- Rispettate la privacy: domande personali, curiosi interrogatori, consigli più o meno richiesti non sempre sono graditi (a dir la verità non lo sono quasi mai). Lasciate che sia la persona stessa a parlarne se se la sente o ad evitare l’argomento se preferisce.
- D’altro canto, però, rendetevi disponibili ad ascoltare: l’infertilità e le difficoltà di concepimento fanno spesso sentire terribilmente soli, perché quando si parla di figli si vorrebbero sentire solo le cose belle, e non le storie di attesa estenuante. Avere qualcuno che ascolti, ma che ascolti davvero, con partecipazione e accoglienza, può essere un toccasana.
- Non sottovalutare il problema e non fare dell’ironia: dire che tutto sommato essere senza figli non è poi così male, perché si può fare tardi la sera, non si viene svegliati la notte o altre simili amenità, non fa che minimizzare la sofferenza che l’altro prova, e di certo non lo fa sentire capito.
A volte bastano piccoli gesti per far sentire la propria presenza e per sollevare un po’ chi già sta combattendo una dura battaglia.
Dott.ssa Giulia Schena
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