Quel “mi dispiace non c’è battito”,
o quel pianto mancato in sala parto,
o quel fortissimo formicolio alle braccia tristemente vuote,
lasciano lì imbambolati e impotenti a chiedersi come sarà possibile andare avanti.
Ma poi avanti ci si va, e si è costretti a vivere giorno dopo giorno senza qualcosa che non si sa cosa sarebbe potuto essere, senza qualcuno che non si sa cosa avrebbe potuto vivere;
e si resta lì, imbambolati e impotenti, a chiedersi se sia possibile tornare indietro.
Ma quello, no, non è possibile.
E allora si va avanti, e avanti, e avanti,
e si cerca la forza per affrontare l’assenza che è piena di una presenza invisibile.
Ci si chiede “perché?”, ci si chiede “e se..?”, ci si chiede “e poi?”.
E ad un certo punto, forse, si può trovare uno spazio dentro il proprio cuore per tutte queste domande, per tutto questo dolore, per tutto questo amore.
È un lungo viaggio nella disperazione e nella desolazione.
E la comprensione e l’accoglienza altrui possono essere una mano tesa nel buio, che aiuta a mettere un piede davanti all’altro.
Per questo è importante che il lutto perinatale non sia più un tabù: perché ad un genitore che sta lì imbambolato e impotente, serve sapere almeno di non essere solo.
Dott.ssa Giulia Schena
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