Spesso si pensa che l’amore sia una cosa facile, immediata. E ci si arrovella nel chiedersi come sia possibile che la nostra relazione non funzioni, se sentiamo che l’amore c’è. Forse è l’altro che non ci ama? O forse siamo noi a non essere in grado di dare amore? Ebbene, no. Il fatto è un altro. L’amore non è facile. O meglio, le relazioni amorose non sono facili.
Le relazioni di coppia sono sempre difficili. C’è bisogno di comunicazione, di ascolto, di supporto. E c’è bisogno di realismo: di essere onesti a dirsi quando c’è qualcosa che non ci convince più del tutto. E in quel momento c’è bisogno di buonsenso, di calma, di comprensione: c’è bisogno di non arrabbiarsi di fronte alla difficoltà che l’altro ci confessa e c’è bisogno di apprezzare l’impegno. E poi c’è bisogno di fermarsi, di guardarsi, di capire dove si è arrivati e dove si sta andando; e bisogna farlo finché si è in tempo, prima che crolli quel minimo di equilibrio di cui c’è bisogno per non crollare. Essere una coppia è difficile, è come stare in equilibrio su un pregiato filo di seta.

E in tutto questo marasma ci sono 6 cose che spesso e volentieri (anzi, direi malvolentieri!!) si insinuano nella serenità di una coppia, mettendo caos, creando dubbi, facendo sì che silenziosamente crollino i progetti.
1. Le cose non dette: ci sono cose, milioni di cose, che si pensano, ma non si dicono. E non si dicono perché si pensa che siano futili, o che l’altro non voglia saperle, o che creerebbero disguidi. Ma intanto quelle cose navigano dentro la testa, creano percorsi infiniti e danno vita a dei film mentali che potrebbero essere dei veri e proprio kolossal: immaginiamo quello che potremmo tranquillamente appurare se solo dicessimo con semplicità ciò che pensiamo.
Non ci sono cose giuste o cose sbagliate da dirsi, in una relazione: ci sono i propri pensieri, i propri punti di vista, le proprie sensazioni, che possono essere condivisi, spiegati, confrontati.
Ci sono cose che non diciamo con il timore di ferire l’altro, ma anche questo non ha senso. Piuttosto conviene pensare ad un modo più soft per dirle e poi prepararsi a gestire le conseguenze.
Parlare è sempre meglio che rimuginare.
2. Le richieste non fatte: è inevitabile che dal proprio partner ci si aspettino delle cose; ci si aspettano cose concrete (pagare le bollette, pulire casa, fare questa o quella commissione) e cose più astratte (un abbraccio, un commento su qualcosa, l’iniziativa nell’intimità). Ma spesso si decide di non dare voce a queste aspettative, rimanendo in attesa che l’altro le colga senza che gliele diciamo, nonostante esse nel frattempo scavino nel profondo e creino vortici di fastidi, delusioni, frustrazioni.
É importante essere consapevoli del fatto che se non si chiede una cosa, non è legittimo aspettarsi che questa venga fatta. Può capitare, a volte, che il partner ci conosca così bene da fare alcune cose che desideriamo prima ancora che gliele facciamo sapere, ma questa non è (e non può essere) la prassi.
Imparare a chiedere quello che ci si aspetta permette di riempire i vuoti lasciati dai silenzi e di non lasciare spazio alle incomprensioni, ai musi lunghi senza apparente ragione e alle recriminazioni postume (ovvero usare le cose non chieste, e quindi non fatte, durante i litigi come “arma” per dimostrare che l’altro è in errore). Imparare a chiedere, inoltre, fa sì che l’altro possa risponderci, che possa darci le sue ragioni se per caso qualche volta non ci può accontentare e che insieme possiamo negoziare come gestire le cose da fare.
Attenzione, però, chiedere non vuol dire pretendere, significa invece esprimere un bisogno, abbinandoci le proprie motivazioni e sapendo accettare quelle dell’altro.
3. I sentimenti inespressi: quante volte ci si trova a pensare “tanto lui/lei non mi capirebbe?”, quante volte si pensa che un proprio sentimento o una propria emozione siano una banalità o un’ovvietà? E allora non si dice che quel dato comportamento ci provoca rabbia, non si dice che quell’assenza ha fatto provare tristezza, così come non si dicono tanti “ti amo” o tanti “mi sei mancato/a”.
Comunicarsi i sentimenti consente di metterli nero su bianco, rendendoli evidenti e potendoli così affrontare per quello che sono e non per quello che si pensa l’altro pensi che dovremmo pensare che siano.
Accogliere i sentimenti dell’altro quando ce li comunichiamo consente di conoscersi meglio, di sentirsi compresi, di creare un’area di intimità in cui si possono serenamente far entrare anche le emozioni negative con la tranquillità di poterle affrontare (e quindi di poterle archiviare, invece di seppellirle pronte a riesplodere al minimo cenno di difficoltà).
Le emozioni e i sentimenti non sono mai sbagliati e mai banali, sono quanto di più profondo proviamo e quanto di più intimo possiamo concedere ad un partner.
4. Il leggersi nel pensiero (o pensare di farlo): “tanto lo so che lui/lei mi risponderebbe così!” è una delle frasi più pericolose in una relazione di coppia. Pensare di sapere già cosa pensa/vuole/crede/farà l’altro implica il non essere interessati a chiedere il suo parere e il non verificare come realmente potrebbe reagire. In questo modo non può instaurarsi un dialogo, non può esserci un confronto e, quindi, anche laddove sarebbero possibili (e auspicabili) non ci saranno cambiamenti.
Inoltre questo modo di pensare può far sì che si instauri un meccanismo comunemente definito “profezia che si autoavvera”: se io sono convinto che tu ti comporti in un certo modo e mi aspetto da te un certo atteggiamento, è molto probabile che sarà proprio quello che riceverò. Così, piano piano, di profezia in profezia, di reazione in reazione, si crea uno schema rigido in cui effettivamente azioni e reazioni sono sempre le stesse, sempre prevedibili, sempre a confermare quelle attese distorte che hanno provocato l’instaurarsi del circolo vizioso.
A meno che non siamo dei medium, non possiamo sapere cosa pensino gli altri. Chiedere, confrontarsi, ascoltare invece funziona sempre.
5. Il focalizzarsi sulle cose negative: ci sono dei periodi un cui tutto sembra andare storto; e lo stress aumenta; e il senso di fastidio aumenta; e il bisogno di controllo aumenta; e la sensazione di poter controllare le cose diminuisce inesorabilmente. In quei periodi tutto sembra essere un vortice di sfortune, sembra impossibile che qualcosa vada per il verso giusto. E così si comincia a contare tutte le cose che quotidianamente non funzionano, a partire, inevitabilmente, dalla propria relazione. Questo avviene per una naturale tendenza a considerare “casa” come un “porto sicuro”, e quindi se anche tutto il resto sta andando a scatafascio, la relazione in famiglia DEVE andare bene. Il problema è che per una questione di economia cognitiva siamo portati a focalizzarci solo sulle cose che principalmente ci riguardano in un certo periodo della nostra vita (avete presente quando ci si sposa e sembra che tutti si stiano sposando? quando si è in attesa e tutte sembrano essere incinte? ecco…). E quindi: periodo nero, vedo tutto nero, a casa pretendo che sia tutto roseo, ma inevitabilmente vado alla ricerca dei dettagli che mi confermino che non c’è nulla da fare e questo periodo è davvero TUTTO NERO.
Focalizzarsi sulle cose che non vanno, però, crea malumori e dissapori che rendono sempre più tesa l’atmosfera familiare, fino a farci pensare che il nostro partner sia una delle cause di questo periodo catastrofico e di questo nostro sentirci sempre stanchi, stressati, inadeguati. Immaginatevi tutto questo in maniera biunivoca (io lo penso di te, tu lo pensi di me): inevitabilmente il nostro rapporto si deteriora e cominciamo a non fare altro che notare i difetti del nostro compagno/a.
Focalizzarsi sulle cose che non funzionano non fa che peggiorare la situazione, perpetuando la percezione che tutto vada male e facendo stare sempre peggio. Riuscire a trovare almeno qualcosa di positivo può aiutare a cambiare prospettiva.
6. Il non concedersi un complimento: tanto quanto si fa presto a notare i difetti e gli errori, trovando mille modi per rimproverarli e per pretenderne la correzione, allo stesso modo si fa una gran fatica a prendere in considerazione i pregi, le cose fatte per bene, i piccoli accorgimenti e i piccoli tentativi di venirsi incontro. Farsi un complimento e dirsi grazie sembra essere banale, ovvio. Si tende a dare per scontato che l’altro faccia qualche sacrificio per noi e sottolineare di aver notato quel qualcosa di buono che è stato fatto sembra essere qualcosa di inutile. Accogliersi e dimostrarsi gratitudine anche per le cose più ordinarie, invece, è importante. Farsi un complimento ogni volta che è possibile non solo ci spinge a notare con più attenzione i dettagli che funzionano nella nostra relazione, ma spingono anche l’altro ad avere più voglia di fare qualcosa che ci faccia piacere.
Pensate a quanto sia bello sentirsi dire “bravo”, quanto sia soddisfacente sapere che ci si è impegnati per un risultato che anche gli altri vedono. E pensate quanto sia ancora più bello quando ci viene riconosciuto qualcosa che non ci eravamo nemmeno accorti di aver fatto o che noi per primi avevamo dato per scontato (ad esempio lavare i piatti, portare fuori la spazzatura, fare un sorriso).
Sentirsi apprezzati fa venir voglia di apprezzare, e apprezzare fa star bene in una relazione.
Sono sei piccole cose, quasi banali forse, ma nella maggior parte dei casi bastano queste a rimettere in piedi una relazione che barcolla.
Dott.ssa Giulia Schena
_______________________
Hai bisogno di informazioni? Hai dubbi, domande, curiosità? Contattami via email a psicologa.schena@gmail.com o cercami su facebook psicologaschena