C’è un mondo, a un passo dalla maternità, di cui quasi tutti hanno sentito parlare, ma solo alcuni (in realtà non così pochi) hanno incontrato, attraversando le sue vie impervie e combattendo giorno per giorno per poterne uscire.
Sono i reparti di terapia intensiva neonatale, in cui piccoli (piccolissimi!!) guerrieri all’apparenza inermi lottano come leoni per diventare grandi e tornare a casa con le loro mamme e i loro papà, che intanto stanno lì col fiato sospeso e il naso incollato al vetro.

A volte, per ingenuità o per abitudine, si pensano e si dicono cose che a questi genitori di combattenti lasciano il segno, fanno male, e preferirebbero tanto non sentirsele dire.
1) “Ma sta prendendo peso? Ah beh se ormai è già un kilo/due kili sta bene!”
Purtroppo il basso peso non è l’unica battaglia che un prematuro deve vincere, ce ne sono tante altre, anche più dure, da portare avanti. E queste battaglie non vanno sminuite.
Non sarebbe meglio, invece, chiedere come sta il bimbo e, semplicemente, ascoltare le preoccupazioni e le piccole soddisfazioni di quel genitore?
2) “Beh, finché è in ospedale intanto potete ancora riposare la notte!!!”
Non c’è cosa più difficile e più penosa per un genitore di stare lontano dal proprio bambino, in particolare se quel bambino è minuscolo, inerme, in lotta per vivere. I genitori di prematuri passano le notti con le orecchie aperte in attesa di telefonate che riferiscano novità, e contano i minuti, i secondi, che li separano dall’ora in cui potranno andare di nuovo a trovare il loro cucciolo.
Non sarebbe meglio dire, semplicemente, “chissà come è dura stargli lontano”?!
3) “Eh ma non ti preoccupare, al giorno d’oggi la medicina è così avanti che andrà sicuramente tutto bene!!”
Non è così ovvio, non è così immediato, non è così lineare, e anche se lo fosse per un genitore in apprensione non è così semplice superare una lotta tanto difficile. Inoltre, può capitare che i genitori di un bimbo che lotta in TIN aspettassero anche un altro (o più altri) bimbi, che non ce l’hanno fatta e il pensiero che secondo l’opinione comune al giorno d’oggi tutti ce la fanno è straziante, perché significa che nessuno dona un pensiero a quei bimbi che non ci sono più.
4) “Mio zio/nonno/La cugina di terzo grado di mio marito è nato prematuro 50 anno fa e lo hanno messo in una scatola di scarpe e adesso è tutta salute!!”
Ponendo il fatto che questa mirabolante storia corrisponda alla realtà, in che modo può essere di consolazione per un genitore che vede il proprio bimbo chiuso in un’incubatrice, trafitto da mille tubicini, con monitor e allarmi che suonano in continuazione?
E poi, ogni situazione è a sé, ognuno ha la sua storia, ogni percorso è unico e speciale.. Il bambino che adesso sta lottando è lui e nessun’altro. Portiamogli rispetto.
5) “Lo stai allattando, vero?!?”
I bambini prematuri in alcuni casi non hanno nemmeno la possibilità e la forza di succhiare un biberon: sarebbe impossibile per loro attaccarsi al seno. Nonostante questo le mamme lo sanno bene che il latte materno è prezioso per la crescita, e quando non possono nutrire il proprio bambino come avevano fantasticato di fare mentre ancora lo custodivano nel loro ventre, è per loro un’ulteriore motivo di senso di inadeguatezza e di colpa. Inoltre spesso, in barba a tutte le difficoltà queste mamme fanno il tutto per tutto per riuscire a tirarsi il latte che, prima o poi, potrebbe servire per alimentare il loro piccolo. Ma non tutte riescono in quest’impresa, che sembra semplice ma non lo è per nulla.
Non è il caso di mettere il dito nella piaga.
6) “Sapessi, io sono andata oltre il termine: non ne potevo più di aspettare!!!”
È vero: l’ultimo periodo della gravidanza può essere duro e pesante, ma mai quanto trascorrere mesi all’interno di una TIN sempre in bilico tra le buone e le cattive notizie. D’altronde se la gravidanza fisiologica dura 40 settimane (in media) c’è un motivo, e lamentarsene non ha molto senso.. Soprattutto con chi si è trovato a vedere interrotto bruscamente quel viaggio per essere catapultato in una realtà difficile come la TIN.
7) “Ma sembra più piccolo della sua età!!”
Se si sapesse quanto era piccolo quando è nato, non verrebbe mai in mente di dire una cosa del genere!
Tra l’altro questa è una frase che mette in difficoltà qualsiasi genitore, anche se il suo bambino è nato a termine, perché sottende la possibilità che quel bimbo non stia crescendo come dovrebbe; a maggior ragione è una frase insidiosa per un genitore che ogni giorno fa i conti con il timore che la prematurità abbia lasciato degli strascichi nello sviluppo del suo bambino.
8) “Ma adesso che è cresciuto non puoi stare ancora sempre sul chi va là!!!”
I bambini hanno una forza stupefacente e spesso ci mettono di fronte a veri e propri miracoli, diventando grandi, furbetti e incredibilmente autonomi. Nonostante questo il percorso in TIN lascia segni indelebili sui genitori: aver visto la morte del proprio bambino in faccia rende fragili e insicuri, e questa fragilità e questa insicurezza di tanto in tanto possono prendere il sopravvento. Razionalizzare o criticare non serve a nulla, molto meglio accogliere, consentire uno sfogo, aprire la porta alle paure, e una volta passato il momento dei dubbi, aiutare a rimettersi in carreggiata.. E via verso nuove avventure!
Purtroppo non è sempre facile trovare le parole giuste, evitare di fare uscite poco delicate e provocare involontariamente dolore a chi si ha di fronte. Certo è che, se si è consapevoli di non conoscere una certa realtà (come può essere quella della prematurità), conviene muoversi con cautela, cercando di essere prima di tutto empatici, accogliendo i sentimenti dell’altro invece di inondarlo dei propri pensieri e punti di vista.
E quando proprio non sapete cosa dire, provate a pensare che, forse, quella mamma, quel papà vorrebbero dirvi semplicemente:
“È un viaggio lungo e difficile, senza certezze se non quelle dell’amore che si prova per quell’esserino e del terrore di perderlo o di vederlo danneggiato.
È un viaggio in cui ci si sente come cavalieri, bardati di tutto punto, con una bella spada lucente e un’armatura protettiva, ma chi combatte non siamo noi, ma il nostro minuscolo scudiero, che non ha protezioni, non ha armi, non ha sostegni, se non la propria grandissima forza e la voglia di attaccarsi con le unghie e con i denti alla vita.. Ed è incredibilmente doloroso sentirsi inutili, inermi, incapaci di proteggere quel cucciolo d’uomo.
È un viaggio in cui, giorno dopo giorno, si impara ad avere fiducia, se non altro perché è l’unica cosa che si possa fare; si impara a farsi forza l’un l’altro; si impara che nulla è mai come sembra e ogni cosa, anche minuscola, può avere un grande valore.
È un viaggio in cui si vorrebbe avere intorno un po’ più di sostegno, un po’ più di comprensione, un po’ più di consapevolezza.”

Dott.ssa Giulia Schena