Il vocabolario ci dice che i capricci sono:
Voglia o idea stravagante o bizzarra, perseguita, sia pure non a lungo, con ostinazione o cocciutaggine
Ma tutti i genitori sanno che i capricci possono essere molto di più: un capriccio è qualcosa che può mettere a dura prova la pazienza, la voglia di stare assieme in famiglia e, soprattutto, la sanità mentale dei genitori.

La cosa che più mette in crisi genitori ed educatori non è tanto la difficoltà a gestire i capricci, quanto più a comprenderne i motivi: di fronte ad un bambino che urla e strepita, che piange e si strappa i capelli, che sembra non riuscire più né ad ascoltare alcuna motivazione, né a dare risposte sensate, capire il perché di quello stato sarebbe certamente d’aiuto all’adulto nel capire come rapportarsi a quell’esserino apparentemente indemoniato.
C’è chi sostiene che i capricci non esistano. Ma questo, oltre ad essere falso (non si può non ammettere che tutti i bambini, in modo particolare in alcuni periodi della loro vita, abbiano richieste strane e le perseguano in maniera cocciuta), non fornisce nessun aiuto: quando ci si trova con un bambino strillante pensare che “questo non è un capriccio perché i capricci non esistono” non è di alcuna utilità, anzi forse contribuisce ad aumentare il senso di inadeguatezza, di sfiducia e di sfinimento dell’adulto che dovrebbe calmarlo.
I capricci esistono. E questo lo considero un dato di fatto. Ma i capricci non sono mai privi di significato. E questo è un altro dato di fatto, ed è importante capirlo. Vostro figlio, il vostro alunno, il bambino incontrato per caso per strada, non mettono in atto quelle scenate teatrali per il mero gusto di darvi fastidio, ma lo fanno per motivi ben precisi.
Per semplificare si può dire che i motivi che sono alla base dei capricci sono tre:
1. Un bisogno, non visto o non compreso dagli adulti, che in qualche maniera deve essere portato alla loro attenzione.
Faccio un esempio: un bambino potrebbe aver bisogno di sentirsi capace e meritevole di fiducia nelle sue capacità, quindi quando è ora di mettere il pigiama potrebbe piantare un capriccio infinito perché non vuole che gli venga messo, semplicemente perché sente di volerlo fare da solo e di voler essere supportato in questo. È chiaro, però, che una mamma o un papà, stanchi per la lunga giornata appena trascorsa, possono non capire il perché di un tanto ostinato rifiuto e arrabbiarsi con questo bambino dispettoso che non vuole andare a letto. Di fronte a questa rabbia il bambino capisce di non essere stato compreso e, dato che ancora non ha i mezzi e gli strumenti cognitivi per spiegarsi in maniera più adeguata, alza l’asticella e si arrabbia pure lui. Un loop infinito di rabbia e malcontento, mischiati con la sensazione di non essere capiti e non essere comprensibili (sia per il bimbo che per i genitori, che a loro modo si chiedono come sia possibile che il loro bambino non capisca che sono stanchi e che corrono tutto il giorno per non fargli mancare nulla).
Se prima di arrabbiarsi di fronte ad un capriccio si riuscisse a fermarsi un attimo e a proporre un’alternativa alla situazione che ha scatenato la scenata, si potrebbero evitare mezz’ore di urli e strepiti da ambo le parti. Importante, però, che l’alternativa proposta sia accettabile per gli adulti, e non un modo di tamponare la situazione “dandola vinta” al piccolo (ad esempio rispetto alla situazione succitata nel momento in cui il bambino comincia a rifiutarsi di farsi mettere il pigiama gli si può proporre di provare a farlo da solo, ma è bene evitare di piazzarlo davanti alla tv per infilarglielo mentre è ipnotizzato).
2. Un’emozione troppo forte, troppo irruenta o troppo imbarazzante, che si fatica a gestire.
Faccio un esempio: un bambino vive una situazione, magari anche banale ad un occhio adulto (tipo rimanere al buio o immaginare dei mostri), e prova paura; gli viene detto che non deve avere paura, si cerca di aiutarlo a razionalizzare, gli si mostra che non c’è niente che lo debba spaventare. Lui prova a crederci, ma non c’è verso la paura rimane (bastasse essere razionali per non avere paura hai voglia i disturbi fobici che ci risparmieremmo!!). E così quando si ripresenta la situazione, o quando pensa che sia quasi il momento che si ripresenti, il bambino pianta un capriccio di dimensioni astronomiche, incomprensibile agli occhi del genitore, ma funzionale per il bambino a non ritrovarsi in quella situazione e a non dover ammettere che ha ancora paura, sentendosi così in colpa e inadeguato.
Per evitare questo tipo di capricci la via è solo e soltanto una: accogliere tutte le emozioni, lasciare loro spazio, ammettere che sono normali e che anche i grandi le provano e trovare un modo per esorcizzarle insieme (ad esempio inventare una formula magica scacciapaure, o un gioco-sfogo per far uscire tutta la rabbia, o una coccola speciale per lasciare il suo spazio alla tristezza, ma anche un rituale divertente per accogliere le gioie incontenibili…).
3. La necessità di “mettere alla prova” la tenuta dei propri genitori e/o dei propri educatori.
Faccio un esempio (e lo faccio volutamente banale, per essere comprensibile): un bambino di 3-4 anni sa che i genitori gli ripetono sempre che non può avere tutto ciò che desidera. Un giorno al supermercato vede un giocattolo davvero interessante e decide di volerlo. I genitori glielo negano, così lui pianta un inenarrabile capriccio. Sembrerà paradossale, ma a quel bambino questo capriccio non serve tanto a ottenere quel giocattolo, quanto piuttosto a capire da un lato la capacità dei genitori a tenergli testa e a non cedere alla frustrazione dall’altro quanto davvero valga la regola “non si può ottenere tutto ciò che si vuole”. Se i genitori, imbarazzati per il caos provocato dal bambino o semplicemente stanchi di vederlo urlare, cedono alla sua richiesta, il messaggio che arriva al bambino è piuttosto confusivo: quanto è importante realmente la regola? Quanto mi posso fidare dei miei genitori (ovvero, se avessi bisogno di loro in una situazione difficile, saprebbero reggere la frustrazione)?
Le regole e i “no” che si danno ai bambini sono il loro “territorio sicuro”, sono ciò che li rende certi del fatto che se faranno qualche passo falso i genitori sapranno rimetterli in riga. Quel territorio sicuro deve essere sufficientemente ampio affinché il bambino possa testare le proprie capacità di cavarsela da solo (ecco perché troppi no e troppe regole non sono funzionali), ma deve anche essere abbastanza rigido e definito affinché il bambino possa sentirsi sereno nell’esplorarlo, avendone ben chiari i confini (ecco perché a volte i bambini si intestardiscono o sono molto richiestivi: hanno bisogno di capire quanto effettivamente regga quel confine).
I bambini, anche se può non sembrare, hanno tanti bisogni emotivi, come sentirsi all’altezza delle cose, sentirsi adeguati, sentirsi capaci, sentirsi al sicuro, e per soddisfare questi bisogni sento che devono affidarsi alla guida e al sostegno dei loro caregiver (ovvero le figure che si prendono cura di loro). Più diventano grandi più si rendono conto da un lato che non sono un tutt’uno con i genitori e che, quindi, questi possono anche non esserci, e dall’altro che i genitori non sono infallibili, e che, quindi, possono anche non essere in grado di rispondere ai loro bisogni.
Fare i conti con i propri bisogni e anche con la consapevolezza che le persone sulle quali si conta per vederli soddisfatti potrebbero fallire, fa inevitabilmente una gran paura e mette nelle condizioni di dover essere sicuri che i genitori, comunque vada, saranno in grado di “tenere testa” ai bisogni dei loro bambini. Inoltre rende necessario il fatto di mettere alla prova le “regole” e i “valori” che i propri genitori/educatori propongono, per capire meglio quali siano effettivamente basilari.
Avendo chiari i motivi che spingono i bambini a fare i capricci, forse, si può fare un po’ meno fatica a comprenderli e, quindi, a gestirli.
Capita, però, di trovarsi in situazioni in cui, per un motivo o per l’altro, si è instaurato un circolo vizioso come questo:
capriccio ⇒ frustrazione dei genitori ⇒ senso di inadeguatezza del bambino (e quindi ulteriore capriccio) ⇒ infelicità di tutti (e senso di colpa di tutti)
In queste situazioni ritrovare il bandolo della matassa, comprendo i significati delle azioni proprie e dei propri bambini, può essere davvero complicato. In questi casi è bene ricordare che si può chiedere una mano.. perché anche se tutti i genitori e gli educatori hanno a che fare con i capricci dei bambini, non c’è da vergognarsi se si è persa la rotta e che, anzi, rendersene conto può essere l’occasione per ritrovarla.
Dott.ssa Giulia Schena
________________________
Hai bisogno di informazioni? Hai dubbi, domande, curiosità? Contattami via email a psicologa.schena@gmail.com o cercami su facebook psicologaschena