Un guerriero resta un guerriero, anche se non vince.

Ogni giorno nascono nel mondo innumerevoli guerrieri: non si distinguono per i muscoli, non si distinguono per l’armatura, non si distinguono per la possenza.
Si distinguono perché sono quasi minuscoli, in molti ancora non sanno respirare da soli, in molti non hanno nemmeno idea di come si faccia a vivere.
Eppure lottano, lottano in tutti i modi per sopravvivere. Lottano con ogni fibra del loro piccolo corpo per farcela, per diventare grandi, per non lasciare soli i loro genitori.

Alcuni ce la fanno. Altri, nonostante la tenacia, no.
Sono tutti guerrieri, ma non tutte le battaglie sono possibili da vincere.
Tutti ce la mettono tutta, ma non sempre è sufficiente.
Hanno tutti un’infinita voglia di attaccarsi alla vita, ma a volte la vita sfugge comunque via.

Ogni giorno nascono nel mondo innumerevoli genitori di guerrieri. Perché quando nasce un bambino, accanto a lui nascono una mamma e un papà. Quella mamma e quel papà, prima non c’erano: nascono con lui. E, indipendentemente dagli altri figli, sono per quel bambino una specifica mamma e uno specifico papà.
E quando nasce un bambino prematuro, questi genitori nuovi di zecca, non possono fare altro che guardare il loro bambino combattere. Lo devono guardare da distante: devono lasciar scivolare via tutti i sogni, tutte le aspettative, tutta la voglia di godersi quel bambino come si aspettavano di fare mentre era ancora nella pancia della sua mamma. Devono fermarsi, guardare il tempo intorno che si ferma, e vivere il tempo lungo, infinito, incomprensibile della terapia intensiva neonatale.
Devono deporre le armi, lasciare ad altri il diritto-dovere di prendersi cura della loro creatura, e sperare che queste cure, accanto alla voglia di combattere del loro bambino, siano sufficienti.

Alcuni escono da questo percorso impervio e difficile con il loro guerriero pronto a combattere altre battaglie nel mondo. Altri escono a braccia vuote. A braccia vuote e col cuore colmo di lacrime. A braccia vuote e con la mente piena di domande, di sensi di colpa, di se, di come, di ma, di perché. A braccia vuote e con il futuro imbottito di tristezza e di incognite su come affrontarlo.

Eppure sono tutti genitori di guerrieri. E tutti quei bambini restano comunque guerrieri, abilissimi guerrieri, adorabili guerrieri, indimenticabili guerrieri.
E tutti questi genitori hanno il diritto di essere riconosciuti come tali, hanno il diritto di portare con sè il ricordo del loro bambino e di celebrarlo ogni giorno, come si sentono di fare.
E tutti questi bambini hanno il diritto di essere ricordati, celebrati, ammirati.

Perché ogni essere umano, non importa quanto piccolo, ha valore come essere umano.

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Dott.ssa Giulia Schena