Aborto spontaneo: parliamone!!!

Aborto spontaneo. Ne abbiamo sentito parlare più o meno tutti. Ma spesso in modo superficiale, come se fosse una cosa banale. E se per banale intendiamo comune, beh allora possiamo anche pensarlo come una cosa banale. Perché, anche se forse non sembra, capita spesso, tremendamente spesso.

Quando si sente nominare l’aborto spontaneo, si può stare da una delle due parti della barricata: puoi essere quello che pensa che capiti solo ad alcuni, in casi specifici, e che di certo non potrà capitare a te; oppure puoi essere quello che ha scoperto sulla sua pelle che invece doveva capitare proprio a te, inaspettatamente, crudelmente, a te.

Il fatto è che quando ti capita arriva come un uragano, ti travolge e ti lascia senza fiato. Sarà perché quando si parla di gravidanza nell’aria aleggia un non so che di spensierata ingenuità, sarà perché non c’è modo di prevederlo, o sarà a causa del silenzio che perpetua la disinformazione. Resta il fatto che ti trovi lì a chiederti cos’avresti potuto fare di diverso, come mai sia andata così, se mai potrà andare diversamente. Resti lì con una montagna di sogni e di progetti pronti per essere vissuti, e li devi rimpacchettare tutti, ad uno ad uno, con la morte nel cuore e il pensiero continuo, incombente, martellante che ti fa domandare se un giorno potrai, vorrai, sarai in grado di riaprirli e dare loro nuovo respiro. Resti lì, inconsapevole, e intorno nessuno sembra saperne nulla, nessuno sembra volerne parlare. “E allora”, ti chiedi, “è vero che l’unico sfigato sono io? è vero che forse sono io ad aver fatto qualcosa di sbagliato?”. E questo pensiero ti corrode, scava nella tua anima assieme al ricordo di quel puntino nella pancia e all’immagine di quello che sarebbe potuto essere.

L’aborto spontaneo è questo: un minuto prima eri incinta, un minuto dopo non lo sei più. Un minuto prima ti sentivi già mamma, o già papà, un minuto dopo sembra che tu non abbia più il diritto di esserlo. Un minuto prima sentivi di essere invincibile, pronto per questa nuova emozionante avventura, un minuto dopo sei a terra, sei quello che non ce l’ha fatta. Un minuto prima non vedevi l’ora di dare a tutti la lieta notizia e tutti sembravano lì a posta, pronti a rallegrarsi con te, un minuto dopo sono spariti tutti, dopo una frase qualsiasi “capita”, “doveva andare così”, “ci saranno altre occasioni”, tutti eclissati. Un minuto prima gioia, un minuto dopo sconforto. Sconforto, solitudine e silenzio. Assordante silenzio.

Una gravidanza su quattro termina con un aborto spontaneo. Com’è possibile che nonostante questo ci siano così tanta solitudine e così tanto silenzio?

Sull’aborto spontaneo rimane un tabù enorme, che nessuno sembra potere o volere far crollare.

Perché quando lo vivi ti senti solo, ti senti l’unico strano, l’unico mal funzionante, e preferisci non parlarne perché pensi di sembrare assurdo ad attaccarti così a qualcosa che per tutti sembra semplicemente essere un “doveva andare così”. E preferisci non parlarne, per evitare frasi di circostanza e sguardi sfuggenti. Così stai in silenzio.

E quando (e se) poi scopri di non essere il solo, cominci a parlarne con altri che lo hanno vissuto, cercate un po’ di darvi conforto, ma riuscite solo a convincervi che nessun’altra possa capire. Così state in silenzio.

E se invece non l’hai mai vissuto sembra una cosa così irreale che non sai nemmeno che significato possa avere, non sai come qualificarla, non sai cosa poter dire o fare. E quindi ripeschi dalla memoria qualche frase di circostanza, e poi sparisci. Stai in silenzio.

Parlare dell’aborto spontaneo non è solo un modo per rompere questa cortina di silenzio, ma permette di sbarrare la strada alla solitudine creando connessioni, permette di rimpiazzare i tabù con il dialogo, permette di annientare la disinformazione e parlare della realtà. Parlare dell’aborto spontaneo permette alle persone di non dover più indossare maschere e sentirsi accolti semplicemente per ciò che sono e per ciò che provano. Parlare dell’aborto spontaneo permette di creare spazi di confronto, spazi in cui poter capire e sentirsi capiti, spazi in cui poter dare supporto e in cui poter elaborare l’accaduto.

Parlare dell’aborto spontaneo permette di aprire le porte a luoghi del cuore che altrimenti rimarrebbero silenziosi e doloranti, o silenziosi e inconsapevoli.

Parlare dell’aborto spontaneo costruisce un ponte che porta dalla solitudine alla speranza.

Parlare dell’aborto spontaneo si può. Parlare dell’aborto spontaneo si deve.

Parliamone.

Dott.ssa Giulia Schena

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