5 frasi da non dire se si vuole essere d’aiuto a chi soffre

Persone che soffrono o che vivono una difficoltà ce ne sono tante. Ognuno ha i suoi motivi, ognuno ha il suo modo di affrontare la cosa, ognuno ha le sue modalità per tentare di uscirne.

Fortunatamente sono tante anche le persone che vorrebbero essere d’aiuto: si cerca di far sentire la propria presenza, si cerca di essere di sostegno, si cerca di aiutare chi è a terra a rialzarsi.

Purtroppo non sempre alle buone intenzioni corrispondono buoni risultati. Anzi, citando Oscar Wilde, in certe situazioni si può davvero dire che

“Le cose peggiori sono sempre state fatte con le migliori intenzioni.”

E così, ignari di quanto possa essere doloroso e controproducente, si continuano ad usare delle frasi che all’apparenza possono essere d’aiuto, ma in realtà non fanno altro che far sentire incompresi, far sentire soli e spingere ancora di più chi sta male nel baratro della sofferenza.

1. “Ma tu sei forte.” – Spesso chi utilizza questa frase pensa di fare un complimento, dando il merito a chi ha di fronte di sapersela cavare. Ma se ciò che sto vivendo mi fa sentire sopraffatto, forse ho più bisogno di una spalla su cui piangere, di un abbraccio e di un “non preoccuparti, ci sono io”, che dell’idea che posso farcela da solo. Perché quando si soffre non si ha alcuna forza per sentirsi in grado di rialzarsi da soli, si ha solo voglia di vedere una mano tesa e qualcuno che ci conceda di piangere tutte le lacrime che abbiamo bisogno di piangere. 

2. “Le battaglie più difficili capitano a chi può sostenerle.” – Anche in questo caso si sta cercando di riconoscere capacità e forza d’animo alla persona in difficoltà. Però, di fatto, questa affermazione può essere una pugnalata al cuore: “Ma allora se mi è capitata questa cosa così assurda e così straziante è perché mi sono sempre fatto forza? Se fossi stato più fragile non sarebbe successo?”, e ancora: “Ma se adesso sento di non riuscire a risalire la china significa che non sto facendo abbastanza? Dovrei riuscire a venirne fuori senza fare tante storie?”. Purtroppo le battaglie più dure capitano a casaccio, nessuno è pronto per affrontare certe batoste, e nessuno è per sua natura più bravo di altri ad affrontarle. Se si vuole far sì che chi sta male senta di poter superare il suo dramma, è bene cercare di essere i primi a dimostrare non c’è bisogno di essere capaci di sostenere questa battaglia, perché intorno c’è chi può dare una mano a farlo.

3. “Era il volere di Dio.” – Il fatto che qualcuno di più grande e più potente dell’essere umano abbia scritto questo percorso generalmente vuole essere una consolazione per chi soffre, perché si cerca di inserirlo in un disegno divino più ampio e più importante. Ma questa frase non può essere di alcuna consolazione: se sto vivendo un’esperienza così tremenda da farmi tremare la terra sotto ai piedi, mi manca solo di pensare che qualcuno, sia pure il Padre Eterno, abbia avuto un buon motivo per mettermici in mezzo. Inoltre se una persona è atea o se nel bel mezzo della tormenta in cui si trova vede vacillare la propria fede (che magari prima era importante per lui), sentir parlare del “volere di Dio” può sembrargli anche una beffa senza eguali.

4. “Al tuo posto non so come farei.” – Di nuovo un tentativo di far leva sulla forza d’animo e sulla capacità della persona di affrontare le difficoltà. Ma, davvero, non ce n’è bisogno. In mezzo alla tempesta io per primo non so come fare; io per primo mi sento perso, confuso, incapace di andare avanti; io per primo avrei voglia di scappare dalla mia vita e guardarla scorrere da lontano pensando che a viverla “non so come farei”. Ma non posso fare altro: ci sono dentro e mi tocca affrontarla anche se non so come fare. Non mi serve sentirmi dire che tu non sapresti stare al mio posto, mi serve, piuttosto, sentirmi dire che ci possiamo fare forza insieme, che puoi entrare nella tempesta con me e accogliere quello che sento, quello che vivo. Anche perché quando si sta attraversando un momento duro sentirsi dire da qualcuno che sta fuori che non vorrebbe essere al proprio posto sembra una presa in giro: “Non ci sei, accontentati”.

5. “Devi solo evitare di pensarci.” – Quando si vede qualcuno soffrire, si prova un profondo dispiacere, soprattutto se chi soffre è qualcuno a cui si vuole bene. E allora si vorrebbe riuscire in qualche modo ad alleviare la sua sofferenza, per alleviare anche un po’ la propria. E se quello che lo fa stare male non fosse mai successo, tutto tornerebbe al proprio posto. E se non ci si pensa è come se non fosse mai successo… Magari fosse così facile!! Purtroppo quello che è successo è successo e non si può cambiare il passato. E non pensarci non è la soluzione, anzi: imporsi di far finta di niente congelerebbe il dolore in una bolla, impedendo di elaborarlo, di dargli un senso, di trovargli un posto. Tra l’altro se sto soffrendo per un’esperienza difficile sentirmi dire di non pensarci può farmi arrivare solo un messaggio: tu non hai voglia di parlarne, tu non hai voglia di ascoltarmi, tu non hai voglia di sostenermi, tu non hai voglia di accogliermi. E io sono solo e devo tenermi tutto dentro perché nessuno può/vuole ascoltarmi e capirmi. 

È difficile trovare le parole giuste per essere di conforto, ma a volte basta solo provare a mettersi nei panni di chi soffre. Oppure, nel dubbio, meglio non dire niente e offrire solo un abbraccio, la disponibilità ad ascoltare e la propria calorosa presenza.

Dott.ssa Giulia Schena

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