I capricci: che dramma.

Tutti i bambini fanno i capricci.
Tutti. Tutti! (Non credeteci quando qualche genitore vi dice “il mio non ha mai fatto tutte queste scene”, perché mente, mente spudoratamente).

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I capricci sono normali, sono sani, sono funzionali alla crescita. Sono una sorta di tappa evolutiva. Ed è questo il motivo per cui tutti i bambini li fanno.

Nonostante questo, è chiaro che gestire un bambino che pianta una grana infinita per qualsiasi cosa, è difficile. Anzi, non è solo difficile: è faticoso perché mette a dura prova; è svilente perché impone di chiedersi se si sta sbagliando qualcosa; è snervante perché fa sentire inadeguati nella comprensione del proprio bambino.
Per questi motivi capita spesso che intorno all’argomento dei capricci si innestino veri e propri drammi e circoli viziosi dai quali è difficile uscire.

Ad esempio:
Il bambino fa i capricci-il genitore cerca di resistere-il bambino alza il tiro-il genitore comincia a sentirsi stanco e spossato-il bambino continua-il genitore ormai con i capelli dritti e gli occhi fuori dalle orbite sbotta-il bambino mette in scena il delirio-il genitore si sente in colpa-il bambino non molla-il genitore sì.

Il bambino impara che:
– i capricci vincono sempre (o anche solo in qualche caso, quindi vale la pena di provarci);
– i sensi di colpa hanno un potere incredibile;
– i genitori non sanno tenergli testa, arrivano alla frustrazione prima di lui, ed è necessario metterli alla prova per capire dove si trovano i confini sicuri e affidabili della loro relazione e delle sue possibilità d’azione.

È molto importante tenere presente che i capricci non sono mai fini a sé stessi: hanno sempre un significato, che può essere quello di esprimere un disagio, oppure quello di testare la relazione con gli adulti di riferimento, o ancora quello di mettere alla prova le proprie abilità e i propri limiti.
I bambini, infatti, intorno ai due anni (ma a volte già ad un anno e mezzo!) cominciano a possedere molte capacità, che piano piano imparano ad affinare e ad utilizzare per “governare” il proprio mondo. Nonostante questi grandi miglioramenti ed apprendimenti, sono ben consapevoli di non essere in grado di fare tutto, perché si scontrano quotidianamente con la realtà che li relega al ruolo di “controllati” più che di “controllanti”.
Ecco che, allora, devono trovare un modo per vedere se possono in qualche modo avere un po’ più di potere.

Inoltre, a questo va aggiunto il fatto che, proprio perché cominciano ad avere più libertà d’azione sul mondo, i bambini in certe situazioni sentono il forte bisogno di avere dei confini e delle basi sicure ed affidabili.
Ecco che, allora cercano di capire meglio se i loro genitori sono all’altezza del compito di tenere loro testa, per non sentirsi in balia degli eventi e per essere pressoché certi che se tirano troppo la corda, qualcuno (“i grandi”) li può aiutare a tornare dentro ai ranghi, dando loro indicazioni e sicurezza.

Questi due bisogni, evidentemente contrapposti, hanno anche il potere di creare frustrazione nel bambino che non sa bene come dosare ed equilibrare il bisogno di controllare e quello di essere controllato. Questo equilibrio, infatti, solo gli adulti possono aiutarli a trovarlo.

È facile capire quanto un sano capriccio di quelli da far perdere la pazienza al Dalai Lama, si sposi bene con tutto questo marasma di sensazioni, pensieri, capacità e mancanze.

Una volta capito il senso dei capricci, bisognerebbe fermarsi un momento e pensare ad un piano d’azione, che consenta:
– da un lato di non tarpare le ali ai bambini che hanno bisogno di sperimentare e di crescere;
– da un altro di far sentire queste creature al sicuro;
– e non da ultimo, di evitare che la vita familiare diventi un campo di battaglia in cui scompare la serenità lasciando il posto all’ansia, alla rabbia e all’esasperazione.

Un paio di riflessioni sono importanti, e non vanno intese in senso cronologico, ma vanno integrate l’una con l’altra.

La prima, fondamentale, riflessione che si deve fare è la seguente:

Quanto spazio decisionale voglio/posso lasciare al mio piccolo vikingo (leggasi bambino in piena fase “terrible two” o successive, ma simili)?!

Fin da subito è importante avere chiara la risposta a questa domanda, perché a ogni capriccio al quale cederò, a ogni “vittoria” concessa, succederà naturalmente il pensiero che quella è una cosa che “si può ragionevolmente pensare di fare o di ottenere in qualche modo”.
Quindi se si pensa che qualcosa non vada fatto, bisogna dire di no fin da subito. E poi rimanere SEMPRE coerenti. Cascasse il mondo. (Quindi pensateci bene prima di dire di no, non fatelo solo per ripicca o solo perché in quel momento vi va così).

Badate bene: i no non sono una cosa terribile. I no sono una cosa normale e sana come lo sono i capricci. I no sono una lezione di vita importantissima e un grande aiuto per i vostri bambini ad affrontare le difficoltà della vita.

Seconda riflessione, altrettanto fondamentale è questa:

Che bisogno cerca di comunicarmi il mio bambino in questo momento? È un bisogno legittimo o che non condivido? Posso in qualche modo aiutarlo a dare una risposta al suo bisogno?

Se il bambino ha bisogno di sentirsi all’altezza di una situazione che però non gli compete, sarà mio compito aiutarlo ad accettare la frustrazione di non riuscire; se il mio bambino ha bisogno di sentirsi al sicuro, sarà mio compito fargli sentire che io non perdo il controllo, qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa lui faccia; se il mio bambino ha bisogno di sentirsi visto e ascoltato, sarà mio compito accoglierlo e fargli capire che ci sono, senza dover fare il diavolo a quattro.

I capricci, se vengono presi come bisogni e se vengono gestiti senza rabbia, ma con consapevolezza e fermezza, possono non essere un dramma, ma diventare per tutti un’importante occasione di crescita e di miglioramento.
Il vostro bambino, infatti, potrà diventare più abile nell’accettare le emozioni negative e le sconfitte, e nel comunicare i suoi bisogni in modalità man mano più adeguate.
Voi stessi, invece, potrete imparare a gestire meglio le relazioni, a diversificare le situazioni veramente importanti da quelle trascurabili e, naturalmente.. Ad essere un po’ più zen.

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Dott.ssa Giulia Schena

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